Comunicazione.

I Consigli degli Ordini degli Avvocati di Reggio Calabria, Palmi e Locri ritengono l’articolo apparso sul Dispaccio nella giornata del 16.01.2017 dal titolo “Reggio Calabria: se la lotta alla ‘ndrangheta rallenta in Corte di Appello”, al quale è seguita già la risposta della Giunta Distrettuale dell’ANM, meritevole di un intervento non certamente per aprire un dibattito, che su certi temi è risolto dalla Costituzione e dalla Legge, ma a tutela della corretta percezione della attività giudiziaria e del ruolo degli avvocati da parte della collettività. Il tentativo di una parte della stampa di fuorviare la collettività nel sovrapporre il processo mediatico a quello reale è uno dei mali dei nostri tempi ai quali però bisogna reagire al fine di tutelare il giusto processo e la democrazia. Va, quindi, detto che nella peculiare e antidemocratica  visione della giustizia che caratterizza l’articolo vengono ignorati principi basilari della nostra Costituzione e del nostro Ordinamento quali la presunzione di non colpevolezza, la terzietà e indipendenza del giudice, il doppio grado di giudizio di merito, il ruolo costituzionalmente garantito del difensore per l’esercizio della giurisdizione  e si assiste ad un attacco agli avvocati etichettati ai lettori in senso dispregiativo quali difensori della “mala”.

Non è accettabile un modello di giustizia forcaiolo che consideri assoluzioni  e dissequestri quali “favori” alla criminalità, gli Avvocati quali professionisti che svolgono un ruolo antisociale e, peggio ancora, meritevoli di sospetto i Giudici che applicano la legge e riformano sentenze di condanna.

Emerge dall’articolo il pericolo di avallare una concezione autoritaria della giustizia secondo la quale il giudice dovrebbe violare la legge, applicarla in modo diverso, magari condannare pur quando dovrebbe assolvere, nel caso di processi considerati di interesse sociale. Tali tesi, per fortuna estranee al nostro ordinamento e alla prassi giudiziaria, se seguite finirebbero per portare lo Stato ad utilizzare metodi uguali rispetto a quelli da sanzionare, istigano a combattere il male violando la legge e si pongono in contrasto con la natura democratica dello Stato e con la Costituzione.

E’ poi da stigmatizzare il riferimento agli Avvocati quali “avvocati della mala” in senso chiaramente dispregiativo, ai quali  le sentenze di assoluzione o il dissequestro dei beni, frutto di “banalizzazioni”, contribuiscono “a far fare bella figura”. E’ il caso allora di ricordare che la denigrazione generalizzata della categoria degli avvocati è un attacco al cittadino e alla sua libertà. Va poi affermato con vigore il diritto dell’uomo di vivere in una società che non abbia criminalità e ‘ndrangheta, ma anche in una società “civile” nella quale non si diffondano idee in contrasto con principi fondamentali del diritto, o si immagini che i processi alla criminalità, a maggior ragione proprio per la delicatezza delle vicende processuali, possano assumere connotati di sommarietà, quasi che l’imputato debba considerarsi colpevole già in ragione dell’accusa che gli viene mossa.

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